Twitter

mercoledì 4 gennaio 2012

J. EDGAR

Occasione persa. Peccato Clint




Per questo suo ultimo film, Clint Eastwood, alla tenera età di 81 anni, decide di affrontare e raccontare uno dei personaggi più controversi della storia americana: J.Edgar Hoover.

Affidando il ruolo a Leonardo Di Caprio, Eastwood porta avanti una narrazione di stampo classico, che alterna momenti ambientati negli ultimi anni della vita di Hoover con flashback che raccontano ciò che egli ha fatto, cercando al contempo di fare un quadro su chi egli fosse.
Nel fare questo mette in mostra alcune delle migliori caratteristiche del suo cinema; purtroppo, tuttavia, non riesce a sfuggire ad alcune cadute di stile (più o meno evidenti e gravi, a seconda della sensibilità personale dello spettatore) e piccoli problemi che lasciano dell'amaro in bocca e fanno pensare al capolavoro che sarebbe potuto essere, ma che non è stato.


Come per tutti i film di Clint Eastwood non c'è veramente molto da dire.
Il suo cinema è estremamente sintetico, asciutto, senza fronzoli. Sembra guardarti e dirti "se vuoi ascoltarmi, stai seduto, altrimenti alzati e vattene, non piangerò per te".
E anche in questo film la caratteristica di base viene mantenuta. Senza un minimo di introduzione veniamo gettati all'interno del racconto, sentiamo la voce di Hoover raccontare, vediamo le cose succedere.
Inizialmente non capiamo bene.
Ma la matassa è rapida nel dipanarsi e nel saltare avanti e indietro nel tempo, tratteggiando un personaggio complesso e sfaccettato.

Scritto molto bene, Hoover ci viene mostrato attraverso il suo punto di vista, con un espediente narrativo tanto abusato quanto efficacie, e del suo carattere ci viene mostrato tutto. Scopriamo così un uomo ossessionato, condizionato dalla società, dalle aspettative di una madre opprimente, ad essere qualcosa che nemmeno lui conosce e forse che nemmeno lui vorrebbe essere.
E al contempo Eastwood è abile nel mostrare ed evidenziare le contraddizioni del suo protagonista. Laddove ci viene mostrata umanità, subito essa viene repressa e cancellata dal lavoro, dalle responsabilità.
Così esce un personaggio con cui è sicuramente difficile empatizzare, ma costruito a dovere e sicuramente credibile.


A questo contribuisce Leonardo Di Caprio che, sebbene non fosse la scelta migliore per il ruolo dal punto di vista estetico, fornisce una performance credibile sia nei panni del giovane Hoover che sotto il pesante make-up invecchiante. Certo, l'attore è consapevole del potenziale ruolo "da oscar" che sta affrontando, e talvolta cade in eccessi che sarebbe stato meglio non vedere, ma la performance è sicuramente di buon livello.
Nota di demerito al doppiatore italiano, che non riesce ad interpretare credibilmente il vecchio Hoover, andando a sovraccaricare la performance con una voce eccessivamente impostata.

Le interpretazioni sono tutte di buon livello. Spicca quella di Naomi Watts nei panni di Helen Gandy, segretaria personale di Hoover per quasi tutti gli anni della sua presidenza all'FBI.
Bravo anche Armie Hammer nei panni di Clyde Tolson, braccio destro e presunto amante del protagonista.

Dal punto di vista storico/politico, il film è impeccabile. Hoover viene mostrato per quello che era, un abile giocatore sulla scacchiera del potere, che sapeva sfruttare il suo Bureau per ottenere ciò che voleva, un uomo che non si lasciava sicuramente spaventare o mettere sotto da nessuno, presidenti compresi.
E il crollo del suo potere nell'ultimo periodo della sua vita è dipinto in modo eccellente, attraverso un dialogo con Nixon che non ci viene mostrato, ma i cui effetti si fanno vedere in maniera netta ed efficacie.


Uno degli aspetti più delicati di questo personaggio è sicuramente la sua tanto chiaccherata omosessualità repressa.
In questo ambito il film offre al tempo stesso le cose migliori e peggiori dal punto di vista della costruzione delle scene.
Perchè se da una parte Eastwood mette in campo tutta la sua abilità nel gestire l'identità sessuale di un personaggio represso e "negazionista" come Hoover, dall'altra sfasa clamorosamente mostrano un Clyde Tolson assolutamente fuori dalle righe ed eccessivo per il contesto in cui vive e si muove.

E ancora se mostra un tocco geniale nel rendere quella che poteva essere la scena WTF del film come la reazione naturale di un personaggio del genere in un momento di profonda crisi e disperazione personale, dall'altra non sfugge al ridicolo involontario in una sorta di dichiarazione di amore omosessuale senile assolutamente fuori luogo.

In questo ha le sue colpe anche la sceneggiatura, che di sicuro non si sforza troppo di sfumare alcuni aspetti, spesso facendosi prendere la mano e preferendo mostrare tutto, anche laddove sicuramente un non detto sarebbe stato più efficacie.


Se per i problemi a cui accennavo sopra il film di sicuro non può essere considerato un capolavoro, nè di certo tra le vette del cinema Eastwoodiano, bisogna dire che il materiale c'è.
Sicuramente è un prodotto che vale la pena vedere se si è estimatori del regista, o se si vuole approfondire quello che di sicuro è stato uno dei personaggi più importanti dell'ultimo secolo di storia americana.

G.C.


1 commento:

  1. Ottima recensione come sempre. Il film secondo me paga anche l'eccessiva lunghezza e, sebbene ci mostri piuttosto bene gli aspetti "interni" del personaggio, secondo me non riesce appieno a mostrare anche il contesto esterno. Sicuramente un film di Eastwood dimenticabile.

    RispondiElimina