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sabato 15 ottobre 2011

THIS MUST BE THE PLACE

Grazie, è stato un un onore suonare con te 


Il nuovo film di Paolo Sorrentino, la sua prima produzione internazionale, è sicuramente un film da vedere, ma non il capolavoro tanto sbandierato in ogni dove.
I punti più deboli di questo lavoro sono da ricercare nella fase di sceneggiatura, curata dallo stesso regista, mentre i suoi punti forti stanno indubbiamente nella messa in scena, di grande impatto, che dimostra come il regista napoletano, già tra i migliori in ambito nazionale, sia un elemento molto interessante anche su palcoscenici stranieri.


Protagonista del film è uno Sean Penn in stato di grazia, nonostante, o forse grazie a, un make up che lo rende quasi irriconoscibile.
Nei panni di Cheyenne, rockstar in pensione che passa le sue giornate nella noia totale (che lui confonde con depressione) tra una villa gigantesca, ma vuota, e una piccola casa nella periferia di Dublino in cui vive una ragazza di cui vorrebbe prendersi cura, Penn da il suo massimo. 
Un'interpretazione ai limiti della perfezione, senza mai andare sopra le righe, nonostante un personaggio che ricorda molto Alice Cooper e che si presta quindi molto ad un tale rischio, ma anzi gestendone soprattutto le sfumature e i dettagli meno evidenti per costruire un personaggio credibile e concreto.

Purtroppo il doppiaggio italiano sembra prendersi qualche libertà di troppo, rischiando di far apparire macchiettistiche scene che non dovrebbero esserlo.
Il ruolo gli è stato scritto su misura, e questo si vede. 
Regge tutto il film sulle sue spalle con disinvoltura e naturalezza da grandissimo quale è.
Un Oscar non sarebbe esagerato.


Se Penn è il punto fermo del film, l'elemento di consistenza e coerenza qualitativa, purtroppo altri elementi non riescono a pareggiarne la qualità.
L'intero film è molto altalenante: a momenti geniali ed ispiratissimi alterna alti decisamente fuori tono che non riescono ad amalgamarsi bene con quanto costruito prima e con quanto si vedrà dopo;
esemplificativa in questo senso una scena di monologo in un sotterraneo, uno sfogo del protagonista che non trova una sua collocazione razionale in quel momento e in quel modo di manifestarsi, frutto di scelte di scrittura e montaggio non delle migliori.
Ma pare proprio che l'assenza di costanza sia la costante del film.


Sorrentino è molto ispirato, si capisce che sente profondamente il film che sta realizzando, e mette in mostra un'abilità tecnica notevole, coronata da lunghi e complessi piano sequenza, unitamente a picchi di lirismo visivo che non passano inosservati: un funerale, un bar, una piscina gonfiabile, un pistacchio gigante (!!) danno modo al regista italiano di spaziare con lo sguardo della cinepresa anche al di la dell'immagine rappresentata, processo aiutato anche dalle musiche, che creano una serie di atmosfere mutevoli, che rappresentano ottimamente i diversi momenti narrativi di cui è composto il film.

Tuttavia, seppur la qualità sia molto elevata, anche la regia non può essere esente da critiche. In qualche frangente, fortunatamente pochi, Sorrentino mostra un eccessivo autocompiacimento, e una ricerca ossessiva della soluzione ad effetto o del colpo "d'autore", risultando però poco sostanzioso e lezioso; 
basti pensare ad un'inquadratura di 5 minuti su un gruppo che suona, senza che questa contribuisca in alcun modo alla narrazione o all'atmosfera, avendo come unico risultato quello di annoiare.


Qualche problema in più lo presenta la sceneggiatura.
Nonostante complessivamente il lavoro sia di buon livello, presta il fianco a qualche critica di troppo: i personaggi vengono introdotti in modo troppo stereotipato, quasi rozzo; la rockstar ormai finita presa in giro dal mondo, il ragazzo sfigato con camicia e cravatta...la lista è lunga. 
Fortunatamente il resto del film contribuisce ad approfondire alcuni personaggi, e fa dimenticare tale problema, che comunque c'è. Un po' di finezza in più non avrebbe guastato.
In generale si moraleggia troppo, con aforismi spesso poco sensati o banali, messi lì come se fossero verità mai intuite da nessuno.

E purtroppo  non si può passare sopra al fatto che diversi ottimi spunti vengano buttati lì e poi abbandonati, come nulla fosse successo. Quasi che l'interesse fosse più costruire una scena ad effetto che fornire ulteriori elementi narrativi o approfondire la psicologia dei personaggi.


Finchè il film costruisce scene per alimentare la narrazione, tutto bene, tutto anzi molto bene.
Ma quando subentra l'autocompiacimento si perde. 
Addirittura Sorrentino arriva a giocare a fare il Malick (per sua fortuna molto brevemente) col solo risultato di risultare incomprensibile.
Il finale, inoltre, potrebbe a qualcuno apparire fin troppo buonista, facilone e ruffianello.


Nonostate tutto, però, il film è più che buono. 
Tanti begli aspetti, visivamente di alto livello, con momenti di ispirazione chiaramente pittorica, comuque coinvolgente, mai noioso, una trama non scontata e non banale, un ottimo lavoro da parte di tutto il cast lo rendono comunque un lavoro di notevole interesse che,  a mio parere, andrebbe di sicuro guardato.

G.C.

2 commenti:

  1. Film molto ruffiano, oppure molto poco. Intendo dire che forse il regista lo ha sentito e voluto talmente tanto da strafare. Da costruire troppo tutti, sotria, personaggi, inquadrature. Io ho rischiato di addormentarmi. Non è certo un brutto film ma Sorrentino ha fatto decisamente di meglio.

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  2. Grazie del commento

    beh sì, come ho detto è un film che può annoiare e risultare eccessivamente lezioso in alcuni frangenti, è innegabile.
    Io fortunatamente ho trovato gli aspetti positivi sufficienti a bilanciare e superare quelli negativi, ma posso capire una critica del genere.

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