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venerdì 11 gennaio 2013

LA REGOLA DEL SILENZIO - the company you keep

Questo è tutto ciò che ti è rimasto?


Molti non prendono sul serio Robert Redford come regista; molti pensano che sia solo un attore iconico che si è improvvisato regista senza grandi capacità e senza aver conseguito alcun risultato di rilievo.
Invece Redford si è andato via via manifestando come un abile cineasta, soprattutto con gli ultimi lavori, sempre più  interessato nell'analisi di aspetti ed eventi oscuri della storia e della politica americana.
Quest'ultimo film dunque si va ad inserire in un percorso piuttosto ben delineato, portando avanti un'opera di smitizzazione di quelle forme di retorica propagandista che caratterizzano ed hanno caratterizzato il panorama politico in ogni epoca.

Così, se in Leoni per agnelli la critica era rivolta direttamente e senza mezzi termini alla retorica militarista-patriottica del periodo post 11 settembre, all'idea della guerra giusta, all'idea che l'andare in guerra per il proprio paese sia non solo positivo, ma la massima realizzazione possibile per un uomo che tenga alla propria patria, in questo ultimo film Redford mette in dubbio e critica l'altro fronte dello schieramento, quello della protesta violenta, di tutti quei movimenti che hanno segnato la storia (americana e non) attraverso attentati, omicidi, rapine, mossi dalla volontà di far sentire la propria voce incuranti dei mezzi utilizzati e delle conseguenze delle proprie azioni.


Nel fare ciò l'attore e regista americano mette in piedi un thriller dal passo lento ma inesorabile, che procede senza intoppi dall'inizio alla fine, in cui fin da subito è messa bene in chiaro la linearità degli eventi.
Non bisogna aspettarsi spettacolari colpi di scena, scene d'azione adrenaliniche, trame intricate e continue svolte o ribaltamenti di situazioni; tutto è volto unicamente al raggiungimento dell'obiettivo, cioè il trasmettere il messaggio che interessa al regista.
Si badi tuttavia che non si può mai parlare di un film noioso; il ritmo, per quanto dilatato, è ben gestito, gli eventi sono scanditi dal giusto passo e non si avverte mai alcuna sensazione di pesantezza.
Certo, la mancanza di un lato thriller più intenso si fa sentire, un po' di imprevedibilità sarebbe stata ben accetta, e anzi sarebbe stata probabilmente auspicabile.

Redford è abile nel tenere insieme il film; compatto, diretto, senza fronzoli, la mano del regista è solida, si vede un professionista dietro la macchina da presa, consapevole dei suoi obiettivi e del modo in cui raggiungerli.
E anche il Redford attore, anzi soprattutto il Redford attore, convince, pur senza stupire. Il personaggio è evidentemente modellato sulla propria figura, e l'attore americano lo interpreta con grande naturalezza, come una seconda pelle. E il modo, tutto suo, con cui in 5 minuti di dialogo sbriciola 30 anni di idee politiche, che costituisce il vero motore del film (come già avveniva in Leoni per Agnelli), è l'assoluto punto di forza e la reale bellezza dell'intera opera.


Purtroppo però, il film presenta qualche problema di struttura narrativa che ne ridimensiona la riuscita; si passa da un ottimo thriller con un forte messaggio da comunicare, ad un discreto/buon thriller con un forte messaggio da comunicare.
I problemi sono sostanzialmente legati a tutti i personaggi che ruotano attorno a quello di Redford (l'unico scritto ed approfondito adeguatamente), nonostante siano tutti interpretati da grandi attori indubbiamente tutti  molto in parte, che risultano spesso troppo bidimensionali, e si muovono all'interno di linee narrative troppo prevedibili e senza alcuna svolta che non si sia già vista in un migliaio di film precedenti.

Emblema di questo è il personaggio del giornalista interpretato da Shia LaBeouf, che a conti fatti è praticamente un cliché ambulante; tutto ciò che fa è del tutto scontato, quando va bene, e fuori personaggio quando va male.
Inoltre è necessario sottolineare purtroppo come alcuni aspetti della trama, o meglio, dell'intreccio, non siano stati sviluppati a sufficienza, lasciando alcune questioni in sospeso o poco chiare.


Si capisce che l'intento sia chiaramente, come già ripetuto più volte, arrivare a trasmettere il messaggio voluto, senza soffermarsi troppo a costruire un impianto narrativo all'altezza di tale proponimento.
Purtroppo questo è croce e delizia del film, che non è assolutamente da buttare, anzi, è un film la cui visione consiglierei senza pensarci due volte, ma che si deve vedere consci delle sue limitazioni intrinseche e sapendone cogliere i punti di forza, senza scambiare i due aspetti ed uscire dalla sala con l'amaro in bocca.

G.C.



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